giovedì 25 gennaio 2018

LECTIO: IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B)

Lectio divina su Mc 1,21-28


Invocare
O Padre, che nel Cristo tuo Figlio ci hai dato l'unico maestro di sapienza e il liberatore delle potenze del male, rendici forti nella professione della fede, perché in parole e opere proclamiamo la verità e testimoniamo la beatitudine di coloro che a te si affidano. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con Te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Leggere
21Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 25E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». 26E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo, cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Siamo nel contesto della «giornata di Cafarnao» (1,21-39), ove Gesù compie la sua missione di evangelizzatore del Regno di Dio (1,14-15).
Nel brano Marco non fa altro che riconoscere l’attività specifica del Messia e il segno chiaro dell'instaurarsi della basileia divina che vince il potere del male.
La giornata si svolge di sabato, un giorno sacro per gli ebrei e per Gesù stesso. In questo giorno, sottolinea l’evangelista Marco, Gesù insegna e pratica un esorcismo.
Nasce tra i presenti un’ondata di stupore, che si fa domanda e insieme fama circa Gesù-Maestro, a proposito della novità della sua dottrina, dell’autorità nel proporla, del mistero della sua persona.
All’interno del brano, ci sono due domande che ci permettono di esaminare la nostra vita ordinaria.

Meditare
v. 21: Giunsero a Cafàrnao
Siamo a Carfano, una cittadina presso il lago di Galilea. Centro fiorentissimo di commercio tra la Siria e la Palestina, vi passava la «via del mare» che, partendo da Damasco, raggiungeva Tolemaide (Acco) e poi attraverso la strada sorvegliata dalla città di Meghiddo si passava dalla valle di Izreèl alla pianura costiera sino a raggiungere Giaffa, Gaza e poi l'Egitto. Vi era anche un ufficio di dogana (cfr. chiamata dì Levi Mc 2,14; Mt 9,9; Lc 5,27). Qui abita Simone. Cafarnao sarà la nuova città di Gesù.
e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava.
Come ogni pio israelita Gesù partecipa al culto del sabato. Il sabato è il giorno del riposo di Dio, della preghiera e dell'istruzione religiosa. Ogni adulto poteva essere chiamato a commentare il testo della Scrittura letto nella sinagoga.  
Gesù approfitta di questo giorno particolare per propagandare il suo pensiero, recandosi nelle sinagoghe come ogni buon giudeo e prendendo la parola quando gli si offriva l'opportunità. L'evangelista ci informa di un atteggiamento tipico di Gesù: insegnava. L’imperfetto usato indica un’azione prolungata e non conclusa. Non viene detto cosa insegna, perché insegna se stesso attraverso il racconto di ciò che fa.
v. 22: Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
L’insegnamento di Gesù, dice l’evangelista, fa stupire. Infatti, il verbo greco ekplḗssō denota sbalordimento, ammirazione e stupore insieme (cfr. 6,2; 7,37; 10,26; 11,18). Il contrario di questo vocabolo sarebbe la “durezza di cuore”, la stessa che ucciderà Gesù (cfr. 3,6).
Motivo di questo stupore, dice l’evangelista, scaturisce dal modo con cui Gesù insegna: “con autorità, con potere” (exousia che traduce l’ebraico shaltan, da cui “sultano”), riservato a Dio.
Marco presenta gli scribi sempre contrapposti a Gesù, sia quando sono citati da soli (2,6; 3,22; 9,11), sia quando sono affiancati da farisei (2,16; 7,1.5) o sommi sacerdoti (8,31;10,33; 11,27).I Questi, a differenza di Gesù, per insegnare usano una maniera scolastica. Gesù invece usa una parola “nuova” (v. 27), a cui obbedisce anche il male.
vv. 23-24: Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare
Siamo ancora dentro la sinagoga e l’attenzione si sposta su “un uomo posseduto da uno spirito impuro”. Impuro, immondo (pneúmati akathártōi) è una espressione ebraica per indicare il demonio; risuona tre volte nel testo evangelico odierno. Nel Vangelo di Marco lo troviamo per ben 12 volte e per altre 12 volte sotto la voce di “demonio”.
Spirito immondo è tutto ciò che ha attinenza con la morte, che esclude dalla comunità e dal culto. Proprio in un luogo di culto, lo spirito immondo è presente e si sente minacciato da Gesù. Questa minaccia è descritta dal gridare, da una domanda e dal rivelare l’identità di Gesù. Il gridare è proprio quello di un sentirsi minacciato, di sentire una certa rabbia dentro e terrore del nemico, in quanto si trova scoperto e perduto.
dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
La domanda la riscontriamo altre volte nei vangeli e nella Sacra Scrittura: per esempio, quando Gesù la pone a sua madre (Gv 2,4); quando la vedova di Zarepta la rivolge al profeta Elia (1Re 17,18). La ritroviamo nuovamente in 2Re 3,13 e in Gdc 11,12 (e con una variante in Os 14,9). È una tipica espressione “difensiva”, che nega la comunanza con la persona alla quale è rivolta. In Mc 1,24 e 5,7 serve al demonio da difesa contro l'esorcista. Anche Pietro assumerà un certo tono nel cortile del gran sacerdote quando viene riconosciuto come discepolo di Gesù (14,67).
Lo spirito immondo, parlando al plurale, dice in pratica che verità e menzogna non possono coesistere. La Parola di Dio può rivelarsi scomoda e dolorosa. Anzi può rovinare. In realtà, ogni qualvolta si aderisce al male ci identifichiamo con esso, viviamo scomodi, doloranti, rovinati.
Lo spirito riconosce Gesù. Una prima esperienza l’ha fatta nel deserto. Qui lo descrive con “il Santo di Dio”, il contrario di immondo.
Nelle due domande poste a Gesù vi è un certo disagio, scomodo, doloroso che dinanzi alla Parola trova rifiuto. Ma vi è anche una gravità: “sei venuto per rovinarci”. In realtà rovina solo il male che c’è in noi.
Satana, il nemico, ha una conoscenza di Dio superiore rispetto a noi. Lo conosce bene. Il Santo di Dio non è un titolo prettamente del Messia, però ritroviamo l'espressione in Gv 6,69 sulle labbra di Pietro; nel Sal 106,16, è applicata a Mosè, “profeta santo” (Sap 11,1), a Israele (Dt 7,6; 14,2.21), in 2 Re 4,9 di Eliseo “uomo santo di Dio”. Però, con Gesù acquista un valore più elevato. Ancora, dire Santo di Dio, è dire il contrario di immondo.
v. 25: E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!».
Per la prima volta Marco sottolinea il silenzio sull’identità di Gesù.
Il verbo greco usato dall’Evangelista per lo “sgridare” che Gesù fa nei confronti del “gridare” dell’ossesso è epitimao, che nella Bibbia greca viene usato solo per il rimprovero divino. I LXX lo traducono dall’ebraico gaar per indicare l’esorcismo.
Ora la parola di Gesù ha la stessa autorità ed anche qui abbiamo una manifestazione dell'identità di Gesù, per questo il male reagisce rompendo il segreto messianico.
Lo spirito del male è un intruso nell’uomo, nella creatura di Dio. Infatti Gesù parla al singolare, si rivolge al nemico che è dentro l’uomo. Vuole fare zittire la menzogna. Gesù con la sua parola, con un comando secco e perentorio lo fa uscire.
v. 26: E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
A differenza del testo lucano 4,31-37, che recita: “senza fargli alcun male”, l’evangelista Marco ci mostra la maniera dolorosa e chiassosa del male che esce. Non perde volentieri il suo cliente, ecco la motivazione del chiasso. Ritroviamo questi particolari anche in occasione del ragazzo epilettico (9,14-29).
Lo spirito immondo pur dando sfogo alla sua rabbia, tuttavia gli obbedisce prontamente, per far entrare la “basileia”, la vittoria di Gesù e la signoria di Dio.
v. 27: Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo?
Viene ripreso il v. 22, sulla novità e il potere di questa parola. L'autorità di Gesù è messa in riferimento esplicito all'azione di esorcismo; i presenti si domandano con stupore e interesse chi è Gesù.
Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La Parola di Dio appare nuova, autoritaria. È parola che rinnova, che ricrea, che riporta l'uomo all'originaria volontà di Dio, al “principio”. La sua efficacia è unica, non solo perché sana, guarisce, sradica il male ma perchè riconduce l'uomo alla sua fonte originaria. Dio.
L'impegno di Gesù contro le forze del male non è riferito solo all'episodio appena narrato, ma nell'intenzione dell'evangelista si estende a tutta la sua attività e alla sua missione. Purtroppo gli scribi non staranno a guardare, un giorno diranno che Gesù è posseduto da uno spirito impuro.
v. 28: La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
L'opera di Gesù incomincia ad attirare l'attenzione generale. Dal timore si passa alla fama che si espande a macchia d’olio, come se fosse già l’annuncio evangelico che “si diffondeva sempre più” (At 6,7) e ovunque fino ad arrivare a noi, oggi. Infatti, “un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo” (Lc 7,16).

La Parola illumina la vita e la interpella
Cosa so, in concreto, dell’insegnamento di Gesù?
L'autorità di Gesù e la novità del suo insegnamento cosa mi dicono di Lui?
Leggendo il vangelo anche io sono stupito e colmo di interrogativi come i suoi contemporanei o per me esso è ormai un fatto noto e un po' noioso?
Ho mai fatto un serio confronto tra il messaggio evangelico e le parole della cultura dominante?

Pregare Rispondi a Dio con le sue stesse parole
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostrati, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
E' lui il nostro Dio,
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
"Non indurite il cuore come a Meriba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova,
pur avendo visto le mie opere". (Sal 94).

Contemplare-agire  L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…
Andiamo in cerca di Gesù, ascoltiamo la sua Parola. Lasciamoci invadere da essa per cogliere il dinamismo del suo insegnamento e lasciar crescere i semi dello stupore, per farli maturare attraverso l’atto più stupefacente, anzi scandaloso, la sua stessa morte in croce (cfr. Mc 15,39).