venerdì 25 novembre 2016

LECTIO: I DOMENICA DI AVVENTO (Anno A)

Lectio divina su Mt 24,37-44

Invocare
O Dio, Padre misericordioso, che per riunire i popoli nel tuo regno hai inviato il tuo Figlio unigenito, maestro di verità e fonte di riconciliazione, risveglia in noi uno spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore fino a contemplarti nell’eterna gloria. Per Cristo nostro Signore. Amen.  

Leggere
37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. 41 Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Iniziamo il tempo di Avvento dell’Anno A meditando il Vangelo di Matteo. Nella liturgia della prima domenica di Avvento, la Chiesa ci pone dinanzi uno dei cinque discorsi di Gesù. Quello di questa domenica è il quinto è tratta sul senso della fine del mondo.
In un momento di crisi della comunità cristiana, l’Evangelista scrive questa pagina di Vangelo per dare una giusta dimensione alle delusioni e alle illusioni dei suoi fratelli nella fede. Egli lo vuole farcelo capire attraverso il tema della vigilanza, per poter accogliere la venuta di Gesù, come ci vuole indicare il verbo “vegliate” e l’avverbio conclusivo “dunque” (perciò).
Attenzione però, non leggiamo questa attesa vigilante alla luce di una minaccia di giudizio universale. Resteremo lontani da Dio o penseremo secondo alcune sette ad esempio i Testimoni di Geova o gli Avventisti del Settimo Giorno.
Il messaggio che la liturgia vuole darci riguarda gli interventi salvifici di Dio che Israele confessava nel suo Credo (Gs 24,2-13) e che il Cristiano professa nella “venuta del Cristo nella carne” (1Gv 4,2).

Meditare
vv. 37-39: Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo
In questi versetti, Gesù per chiarire e richiamare alla vigilanza si rifà alla Bibbia. Anzitutto, partiamo dal versetto precedente: “Quanto a quel giorno e a quell'ora però nessuno lo sa. Neanche gli angeli del cielo e il figlio, ma solo il Padre”. Cosa vuol dire?
Sappiamo che riguardo alla fine di Gerusalemme Gesù aveva assicurato che “non passerà questa generazione prima che tutto questo accada” (v. 34), la distruzione di Gerusalemme sarà nell'anno 70. Poi, riguardo alla fine di ogni persona, Gesù si rimette al Padre facendo capire che per ogni generazione c'è una fine del tempo, quindi riguarda la fine delle persone.
Il cambio epocale descritto dalla Genesi per quanto riguarda il diluvio (Gen 6,5-8,14), Gesù lo rilegge per “la venuta del Figlio dell’uomo”. Il testo riprende a una visione del profeta Daniele: “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui” (Dan 7,13).
Perché questo paragone? Ai tempi di Noè la vita scorreva non dedita “alle cose di lassù”, non c’era questa presa di coscienza interiore per poter accogliere la grazia divina. La gente era troppo sicura di sé! Questi erano i giorni di Noè:
come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo.
L’evangelista però sottolinea un particolare: “non si accorsero di nulla”, cioè “non seppero ricorrere ai ripari”. La generazione di Noè, in fondo, cosa faceva di male? Soddisfacevano i bisogni fondamentali come il mangiare e gli istinti primari come il procreare. Purtroppo quando tutto ciò non è accompagnato dall’attenzione per i segni dei tempi, si vive quella miopia spirituale e il rischio è quello di farsi sorprendere e travolgere dall’inatteso:“Come la folgore viene da oriente e brilla ad occidente così sarà la venuta del Figlio dell’uomo” (1Ts 5,2).  
Anche oggi, in qualche modo, è la stessa cosa viviamo una certa sicurezza di noi stessi, ad una auto sopravvivenza. E questo tipo di ignoranza manifesta che la nostra vita, in fin dei conti, ci sfugge.
Gesù invita a fare attenzione, la storia si ripete e il pensare umano si rivela stoltezza (cfr. 1Cor 1,18-2,5). “Gesù abbina la sua proposta di salvezza a quella proposta da Noè e indica un cambio di epoca, la maturazione dell'umanità, una salvezza proposta in una forma nuova. Il diluvio non fu infatti la fine del mondo, ma l'inizio di una nuova comunità, di una nuova umanità che è stata rinnovata” (Alberto Maggi).
La novità è sempre Lui. Dice il Salmista: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella” (Sal 127 [126],1).
Nelle parole dell’orante, abbiamo un ammonimento per indicare che senza Dio non è possibile la sicurezza e il benessere. Sì, il progresso va avanti ma manca un vivo orientamento a Dio. “Senza il Signore non possiamo fare nulla” (Gv 15,5). Noi siamo l’edificio di Dio, così come dice Paolo (1Cor 3,9) non un semplice edificio umano.
vv. 40-41: Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
Quasi a mo’ di parabola, anche qui accade la stessa cosa. Ci vien detto: “chi entrerà nel Regno di Dio?”. “Cosa ci distingue nella vita?”.
Sia ai due uomini che alle due donne non distingue niente nella loro attività. Lavorano intensamente, con affanno, per avere ricchezza, ma Dio ne darebbe senza tutto quell'affannarsi, se si fosse uniti a lui. Eppure precedentemente Gesù aveva detto: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso” (Lc 21,34).
Oggi invece dice che alcuni saranno presi, cioè riceveranno quella salvezza che sempre hanno accolto nella loro vita. Infatti, il verbo greco “paralambano” che significa “prendere” nel senso di accogliere. Lo troviamo all'inizio del vangelo di Matteo quando l'angelo dice a Giuseppe “non temere di prendere con te Maria”, quindi non è “sarà portato via”, ma è un prendere per accogliere, per salvare.
Diversamente, coloro che hanno condotto una vita senza senso, non sono capaci di accoglie e non riceveranno la salvezza. Come l'arca di Noè non ha accolto, non ha preso tutti, ma solo chi si è accorto del disastro incombente, così nel regno di Dio vengono accolti, presi, quelli che accolgono il messaggio di Gesù.
In questi personaggi possiamo leggere i due aspetti della vita che conduciamo. Al negativo: contare su se stessi; al lavoro da soli; addormentati interiormente. Al positivo: fiducia in Dio e sulla sua venuta; al lavoro insieme con Dio; sempre vigilanti. Modi diversi di vivere la vita. Il discepolo però deve gettare nel Signore il suo affanno (Sal 54,22). Saggio è colui che ha capito ciò che conta o non conta nella vita, ciò cui merita appoggiarsi per avere la vita, la vita eterna, colui che ha colto quanto sia decisivo per la propria salvezza Dio e l’avvento del suo Regno.
L’alternativa è costruire sulla sabbia, dove non c’è consistenza e sicurezza (cfr. Mt 7,21-27). “Passa infatti la figura di questo mondo!” (1Cor 7,31).
v. 42: Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
Questo versetto, se sfogliassimo i vangeli lo incontreremmo più volte in bocca a Gesù; ma anche con diverse sfumature nelle altre pagine della Bibbia. Il verbo inserito in questo versetto, lo ritroveremo altre tre volte fino al Getsemani. Ciò può significare che la veglia è associata alla persecuzione, ma questa sarà tanto più violenta quanto più inaspettata è la sua provenienza. Gesù ha già detto che i discepoli saranno odiati e messi a morte dai loro stessi familiari (cfr. Mt 10,22; 24,9; Mc 13,13; Lc 21,17).
Ricordiamo che la non sicurezza è stata sempre messa in guardia da Gesù. Persino la morte può essere per noi motivo di rifiuto e quindi vivere come se non esistesse. Eppure lo sappiamo che dobbiamo morire. È la nostra cecità che in questo momento viene ammonita. Il nostro essere duri nel cuore. Ecco perché il tema della vigilanza.
L’evangelista per farlo capire ne parla fino al cap. 25. Vigilare significa, non starsene barricati, sicuri, oppure non dormire ma stare pronti assumendosi ogni giorno le proprie responsabilità, affrontare gli avvenimenti della vita. È un mettersi continuamente alla presenza del Signore. Nell’essere vigilanti ci sta quella forza di spezzare l’indifferenza, l’inerzia, la distrazione. San Paolo scrivendo ai cristiani di Roma dice: “è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti” (Rm 13,11). Chi dorme vive nel torpore dei sensi, è supino, “ha occhi ma non vede, ha orecchi ma non ode” (Ger 5,21), ha labbra ma non parla, il suo cuore batte ma non ama: dorme! Diversamente è la persona opposta che è sveglia e che si accorge di tutto, ovvero: è tutto in ogni cosa, perché mette tutto in ogni cosa piccola o grande che sia, senza escludere nulla di se stesso. Egli è capace di stare in piedi nella vita di tutti i giorni, perché capace di stare alla presenza di Dio e legge la realtà della vita partendo dal cuore di Dio, un cuore capace di amare oltre ogni misura fino al dono della propria vita.
Romano Guardini ci invita a vivere la vigilanza come virtù cristiana. Quindi, un ulteriore significato al termine vigilare è cogliere, capire il presente per scoprirvi il passaggio di Dio non per ammirarlo ma come un tempo di grazia per vivere e dare speranza al nostro tempo.
v. 43: Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
L’insistenza di Gesù: “cercate di capire”, ci fa pensare la fatica di Gesù a farci capire come stanno le cose e quanto gli sta a cuore la nostra sorte. Queste prime parole riprendono quanto detto al v. 34: “In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga”.
La parte finale di questo versetto ci obbliga a metterci in ricerca interiore e non ad aspettare gli eventi della vita che ci distruggono (descritti qui con il ladro), ma saperli leggere alla luce del vangelo. Possiamo leggere la casa descritta qui come la cella del nostro cuore, ove riscoprire e orientare le nostre scelte di fede, un riscoprire la sobrietà della vita: un vivere la purità di cuore che è legata fondamentalmente alla vita spirituale per la beatitudine che gli è associata: “perché vedranno Dio” (Mt 5,8).
"Se noi dunque desideriamo incontrare Dio, dobbiamo cercarlo nella cella del nostro cuore. Se riusciremo veramente a comprendere che tutto è intimamente unito in Dio, raggiungeremo la pace e la bellezza!" (Tagore) e la casa del nostro cuore sarà intatta.
Anche questo fa parte della veglia e della sua fatica in quanto esercitiamo l’intelligenza illuminata dal Vangelo, unica condizione per non adeguarci a quel “si è fatto sempre così”, non adeguarci passivamente al modello mondano di una società opulenta.
v. 44: Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.
Per rafforzare quanto detto prima, Gesù dice che il Figlio dell’uomo verrà nel momento in cui non si pensa. Dio viene quando meno si aspetta. L’ora di cui parla Matteo richiama il giorno e il tempo di cui Paolo parla in Rm 13,11-14. Non un semplice tempo cronologico, ma un kairos. Nella Bibbia il tempo è visto come dono di Dio ed è posto sempre in relazione all’uomo e alla storia.
In questo momento Gesù rivolgendosi a noi continua a chiederci di vigilare attentamente conducendo una vita serena verso la perfezione. San Paolo esorta: “il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1Ts 5,23).
Questo atteggiamento è segno di maturità, in cui vigilanza e pace si mescolano.
Facciamo nostra questa esortazione e con tutta la Chiesa entriamo in questa attesa della triplice venuta di Gesù; “diventiamo” pronti, giorno dopo giorno. Lasciamo che la Parola di Dio invada le nostre coscienze e ci riempia della forza dell’amore da poter donare e restare così “svegli” per incontrare il Signore che viene all’improvviso!

La Parola illumina la vita
L’avvento è momento favorevole per guardarmi attorno, per guardarmi dentro, per rivedere le mie scelte, il mio stile di vita alla luce della Parola di Dio. Quale è il mio modo di aspettare la venuta di Gesù?
Quanto ho letto e meditato non è forse la situazione largamente riscontrabile ai miei giorni?
Capita anche a me di lasciarmi prendere troppo dalle occupazioni quotidiane o di andare in cerca di distrazioni e di non essere attento/a alla Parola del Signore e ai segni dei tempi?
Anche io vivo addormentato da non accorgermi del tempo per vivere il grande dono di Dio che è la salvezza? Come mi preparo al grande incontro redentore?

Pregare
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.

Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.

Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene. (Sal 121).

Contemplare-agire
Interiorizziamo il significato profondo dell’Avvento e accogliamo nella vita di tutti i giorni il monito che ci viene dalla Dottrina degli Apostoli: Vigilate sulla vostra vita: che le vostre lampade non si spengano e non si sciolgano le cinture dai vostri fianchi. State pronti, perché non sapete l'ora in cui nostro Signore verrà. Radunatevi frequentemente, per cercare insieme ciò che più conta per le vostre anime; a che cosa vi gioverà il tempo vissuto nella fede, se, all'ultimo momento, non sarete trovati fedeli? (Dalla Didaché).