martedì 16 giugno 2015

LECTIO: XII Domenica del Tempo Ordinario (B)

Lectio divina su Mc 4,35-41


Invocare
Rendi salda, o Signore, la fede del popolo cristiano, perché non ci esaltiamo nel successo, non ci abbattiamo nelle tempeste, ma in ogni evento riconosciamo che tu sei presente e ci accompagni nel cammino della storia.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
35 In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36 E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37 Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38 Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?». 39 Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40 Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41 E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Silenzio meditativo: Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.

Capire
Il brano ha un legame immediato e intenzionale con il discorso delle parabole (vedi Mc 4,1-34). Con le parabole, Gesù annuncia il Regno di Dio come evento di salvezza ormai prossimo. Lo scenario del suo insegnamento è solenne ed evocativo: avviene su una barca, tanto grande era la folla, «e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva» (Mc 4,1).
La barca e il mare sono il palcoscenico del miracolo. Esso sarà perciò da comprendere come segno del Regno di Dio, una manifestazione potente del suo «valore positivo», e dunque della sua presenza che ha fatto veramente irruzione tra di noi.
Il protagonista è sempre Gesù, su di lui rifluisce lo stupore sul suo valore e la domanda sulla sua identità (4,10; 5,41).
A noi resta raccogliere quell’invito: “Ascoltate” (4,3), perché la sua parola è il seme immortale, che ci rigenera (1Pt 1,23) a sua immagine e ci fa entrare nella sua famiglia.

Meditare
v. 35: In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva».
Siamo nel medesimo giorno in cui si espone l’universalità della missione di Gesù, del suo messaggio. È il giorno della fede, della prova: “Se ascoltaste oggi la sua voce, non indurite il cuore” (Sal 95,7-8)
La giornata è al termine, è sera ma manca un passaggio. La “sera”: è una parola che indica il buio ma anche il simbolo della vita che se ne va, della morte, come la notte inghiotte il dì (cfr. Mc 1,32).
È la notte dell’esodo. Gesù invita a fare il passaggio all’altra riva: è il territorio della Decapoli, abitato da gente pagana, quindi l’espressione fa intravedere delle difficoltà.
Anche gli antichi padri fecero il loro esodo, il passaggio del mare verso la terra promessa, di notte.
v. 36: E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui.
Una missione può inciampare nelle difficoltà. C’è il gruppo che vuole monopolizzare Gesù: lo prendono. In 8,32 abbiamo nuovamente il verbo paralambàno usato da Marco come complemento oggetto, dove Pietro “prende” Gesù e lo rimprovera per dissuaderlo dall’affrontare la passione.
Qui invece i discepoli “prendono” Gesù per obbedire a un suo comando. Lo presero così come era. Forse anche qui vi è una fretta, come la fretta dell’Esodo, decisiva per la salvezza (Es 12,11). Spesso facciamo un nuovo volto di Gesù, e non accogliamo così come è il suo messaggio, la sua Parola, Lui stesso nella barca della vita.
Le altre barche indicano altri gruppi e testimoni del messaggio di Gesù. Indica anche che tutti siamo nella barca della vita.
v. 37: Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena.
Una volta preso Gesù così come egli è, si scatena la tempesta, dall’abisso l’acqua si alza per inghiottire la barca. Nell’AT il mare è presentato come un mostro, una potenza ostile.
Le tempeste, improvvise e furiose, sono una caratteristica del lago di Tiberiade. L’insistenza sui particolari (vento, tempesta, onde che si rovesciano contro la barca – alla lettera: “si gettavano sulla barca” -, la barca che va riempiendosi d’acqua) mira a esprimere la situazione disperata: l’esito di morte è inesorabilmente segnato da spiriti cattivi, che tentano di distruggere la missione dell’evangelo, la Chiesa stessa.
Questo scenario rende l’uomo egoista, egli infatti, è l’unico ad essere cosciente di morire e fallisce in partenza.
v. 38: Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?».
Il versetto è intriso di un silenzio: Gesù dorme, tranquillamente. Bonheffer, teologo evangelico morto ucciso in un lager nazista, definiva queste esperienze di terrore "il silenzio di Dio." E anche ai nostri giorni saremmo tentati di dire la stessa cosa.
La poppa è quella parte della barca che per prima va a fondo se qualcosa non va. Gesù dorme beatamente in quel luogo, “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal 131,2). Il suo sonno non è come quello di Giona che disobbedisce a Dio (cfr. Gio 1,5), ma è sereno perché ascolta e ha fiducia in Lui (Cfr. Sal 4,9).
Il fatto che Gesù “dormiva”, cioè, che la sua presenza non si faccia sentire, è un anticipo di ciò che sarà la sua morte (il cuscino, si usava anche per metterlo sotto la testa di un defunto): bufera, scandalo e pietra d’inciampo per la fede dei discepoli.
Gesù si mostra vivo quando la comunità è unita a lui e lavora in unione con lui. Non tutti, pur discepoli, non capiscono ciò e quindi rimproverano Gesù perché non li appoggia, dimenticando che è in loro la colpa, è la loro fede che dorme.
A Gesù importa la vita degli altri, ma l’evangelista Marco sembra sottolineare che nei discepoli non sia presente Gesù; il suo intento è di non confondere il silenzio di Dio con la sua assenza perché anche se Gesù dorme, continua a fidarsi.
v. 39: Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia.
Il versetto inizia con “destò” (dieghèiro) quasi a presentare Gesù, il Risorto che, come Dio nella creazione, con la sua semplice parola trae dal caos il cosmo, dal nulla l’essere, dalla morte la vita (Cfr Sal 78,65). Gesù comanda al vento, lo esorcizza come a uno spirito immondo (cfr. 1,25; “silenzio”: allusione allo spirito farisaico, cfr. 3,4) e tace.
Vento e mare sono trattati come esseri viventi: noi diciamo che il vento urla o ulula, in ebraico si diceva che il vento abbaia. Il verbo greco siòpa significa alla lettera “mettiti la museruola”, ed è presente un’altra volta in Mc 1,25, per tacitare lo spirito maligno che tormenta un uomo (cfr. 107,29).
vv. 40-41: Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
I discepoli hanno paura. La paura è l’opposto della fede e per questo motivo Gesù li rimprovera. La fede è affidare la propria vita, la propria morte al Signore della vita, che si prende cura di noi proprio con il suo sonno.
E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
In questa grande paura non si sentono così chiusi in se stessi, ma sentono la presenza di Dio (timore), un rispetto colmo di meraviglia e gratitudine. Come nella tradizione giudaica reagiscono come i marinai nel libro di Giona: “Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e gli fecero promesse” (Gio 1,16).
Il brano termina con una domanda che risuona in tutto il vangelo di Marco: Chi è dunque costui?, tema della sua catechesi. È la domanda della comunità che fino ad oggi legge il vangelo. È il desiderio di conoscere sempre meglio il significato che Gesù ha nella nostra vita. Lui intanto è sempre Dio, il Creatore e il Salvatore “colui che fa dei venti i suoi messaggeri” (Sal 104,4) e “chiude in riserve gli abissi” (Sal 33,7). 

La Parola illumina la vita
“Chi è Gesù, chi è Dio nella mia vita, che senso ha la mia scelta di credente?
Riesco a confidare nel Signore e invocare l’aiuto di Dio quando provo che la potenza del male minaccia la mia vita?
Vivo la fede come continua ricerca dell’amore di Dio?
Ascolto la Parola di Gesù, l’accolgo così come essa è veramente, quale parola di Dio, che opera in colui che crede?
È Cristo il contenuto della mia fede e del mio servizio di testimone?

Pregare
Coloro che scendevano in mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
videro le opere del Signore
e le sue meraviglie nel mare profondo.

Egli parlò e scatenò un vento burrascoso,
che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi;
si sentivano venir meno nel pericolo.

Nell’angustia gridarono al Signore,
ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio,
tacquero le onde del mare.    

Al vedere la bonaccia essi gioirono,
ed egli li condusse al porto sospirato.
Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini. (Sal 106)

Contemplare-agire
“Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone la tua verga mi danno sicurezza” (Sal 23,4).