martedì 14 aprile 2015

LECTIO: 3a Domenica di Pasqua (B)

Lectio divina su Lc 24,35-48



Invocare
O Padre, che nella gloriosa morte del tuo Figlio, vittima di espiazione per i nostri peccati, hai posto il fondamento della riconciliazione e della pace, apri il nostro cuore alla vera conversione e fa' di noi i testimoni dell'umanità nuova, pacificata nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
35 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37 Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
44 Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45 Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46 e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47 e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.

Silenzio meditativo: Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

Capire
Abbiamo appena celebrato il giorno di Pasqua che subito ci ritroviamo nel contesto delle apparizioni del risorto e in continuità con la pericope precedente (i discepoli di Emmaus), notiamo anche un legame particolare con il testo di Gv 20,19-29.
Luca presenta la terza apparizione e conclude il suo vangelo.
Il brano, partendo dalla Sacra Scrittura, tende a riproporre la verità della resurrezione di Gesù e la missione affidata ai discepoli e alla Chiesa.
La nostra pericope inizia con il versetto finale (il 35 appunto) dell'episodio dei due discepoli di Emmaus, fornendoci per così dire un riassunto sintetico dell'accaduto. Il versetto pertanto risulta poco comprensibile se non si tiene conto dell'intero brano di Lc 24,13-35.
Il legame tra le due pericopi non è solo letterario, ma anche tematico, poiché nel testo proposto in questa III domenica, abbiamo un approfondimento e in un certo senso un'esplicitazione di quanto il brano precedente aveva suggerito con un racconto ricco di immagini.

Meditare
v. 35: Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Il versetto inizia a mo’ di sintesi sui “fatti di Emmaus”. I discepoli di Emmaus si stanno rivolgendo agli Undici e a quelli che erano con loro (v. 33) e parlano di Gesù, il Signore (cfr. vv. 15 e 34). Sembra ripercorrere quanto Gesù disse: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20).
Significativamente il testo greco afferma che è Gesù che si fa riconoscere. Come in tutti i racconti delle apparizioni, l'iniziativa è del Signore risorto che si mostra a testimoni scelti da lui (cfr. At 2,32; 4, 33; 5,32; 10,40-41; cfr. Gv 14,22) e li incarica della sua stessa missione.
v. 36: Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Gesù Risorto offre ai suoi la pace. Il saluto che Gesù rivolge ai discepoli (cfr. Gv 20,19.26) non è un 'abituale augurio ebraico, ma il contenuto dei messaggi messianici, annunciati dai profeti. Quindi
è quanto mai significativo ed è il primo dei numerosi rimandi del testo a Giovanni (20,19-29). Quello che dona Gesù è lo “Shalom” di JHWH, l’augurio e la promessa di ogni bene, benessere, benedizione che Dio dà al suo popolo sin dall’AT.
v. 37: Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma.
Credendolo morto, i discepoli si convincono di vedere un fantasma (il senso della parola greca, pneuma, utilizzata da Luca), ossia quello che rimaneva della persona dopo la sua morte. Possiamo vedere qui una caratteristica della comunità a cui si rivolge l'evangelista e i primi indizi dell'eresia dei doceti, secondo la quale Gesù era uomo solo in apparenza.
Il corpo risorto di Gesù è certamente altro rispetto a quello della vita terrena (cfr. 1Cor 15,35-50), ma ciò non esclude una profonda continuità personale, che l'evangelista sottolinea nei versetti successivi.
vv. 38-39: Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho».
Il turbamento dei discepoli è puramente umano, comprensibile. Per questo Gesù inizia qui una sua pedagogia che aiutano a tirar fuori le motivazioni più profonde: perché…? Guardate… toccate… sono proprio io (v. 39) un modo per rassicurare e far capire che egli è vivo e reale. È un invito a discernere ciò che provano e a non farsi trascinare da una reazione superficiale.
Gesù non fa altro che mostrare la sua identità con fatti e parole.
v. 40: Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Questo versetto è omesso dal Codice di Beza (Gregory-Aland n. D o 05), ma attestato dagli altri codici antichi ed ha un riferimento importante al quarto vangelo (cfr. Gv 20,20). L'attenzione di Luca è puntata sulla realtà della resurrezione di Gesù e con insistenza attira il nostro sguardo sul suo corpo per mostrare l'identità del crocifisso (le piaghe lasciate dai chiodi) con il Risorto che ora sta di fronte a loro. Gesù si offre all’osservazione dei suoi amici. Egli mostra quel corpo martoriato dai chiodi della crocifissione ne porta ancora i segni, ma essi sono una prova che quella morte che Egli ha subito non è la morte ultima, definitiva. Ce n’è un’altra ben più temibile (cfr. Ap 20,6.14; 21,8).
Ora, guardare alle sue piaghe è certezza di aver ricevuto la sua misericordia; per le sue piaghe noi siamo stati guariti (cfr. Is 53,5).
v. 41: Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?».
Vedere nuovamente Gesù, il Maestro suscita nei discepoli un'immensa gioia, ma essi erano in un certo senso "bloccati", perché considerato morto. Ciò ci fa considerare la difficoltà di capire l’evento pasqua dei primi discepoli e delle prime comunità cristiane.
Per rassicurarli ulteriormente, Gesù chiede loro qualcosa da mangiare, non perché ne abbia bisogno, perché solo un corpo vivente può mangiare e non un puro spirito. È ulteriore conferma della realtà della sua resurrezione.
vv. 42-43: Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Questi due versetti dimostrano il chiaro riferimento al corpo vivente di Gesù Risorto. La scelta del pesce, a cui alcuni codici aggiungono un favo di miele, ha un riferimento allegorico a Gesù stesso e ai sacramenti dell'eucarestia e del battesimo.
Sono soprattutto i cristiani della comunità di Luca (e quelli futuri) a beneficiare di questo particolare, non potendo far esperienza diretta del risorto. I discepoli fanno esperienza diretta del Risorto per poter poi consegnare alle generazioni future dei credenti la loro testimonianza (At 1,21-22).
v. 44: Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi».
Dopo il momento del riconoscimento, l’evangelista passa a quello della missione introdotto da un riferimento al compimento delle Scritture. Qui Gesù si riferisce a quanto  in un arco di tre anni insegnò ai discepoli e a quei preannunci della sua passione, morte e resurrezione che scandiscono il suo cammino nei tre vangeli sinottici. Un chiaro esempio l’abbiamo in Lc 18,31-34.
Molto interessante il fatto che qui Luca cita le tre parti della Bibbia ebraica: la Legge, i Profeti e i Salmi. Non dimentichiamo che nei Salmi abbiamo quei Salmi che sono considerati messianici e rimandano alla vicenda di Gesù. La Scrittura nella sua globalità è quindi necessaria per comprendere la vicenda di Gesù Cristo come cita san Girolamo: “l’ignoranza delle Scritture, è ignoranza di Cristo”.
v. 45: Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture
Gesù è la chiave di Davide che fa ancora un dono: la comprensione delle Scritture, per leggervi la sua vicenda che è come il compimento delle stesse e in cui la Pasqua di Cristo acquista il suo vero senso (cfr. v. 27 e At 16,14). A Nicodemo Gesù aveva detto: Tu che sei maestro in Israele non capisci queste cose? (Gv 3,10). Ora il dono del Risorto fa di semplici uomini illetterati, dottori della scienza divina. La Bibbia si adempie in Cristo e in lui acquista il suo pieno significato (A. Poppi).
vv. 46-47: e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
È solo nella passione, morte e resurrezione di Gesù che la Scrittura trova il suo compimento, cioè il suo completamento, la sua perfezione e la sua pienezza: “egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2 Cor 5,15. Cfr. Is 53 e Os 6,2). È nel nome di Gesù che sarà annunciato il kerigma: conversione e perdono dei peccati. Gli apostoli ne hanno il compito di predicare a tutte le nazioni (missione universale), iniziando da Gerusalemme (elemento tipico di Luca in cui la città santa non è solo un luogo geografico ma acquista valore teologico). San Paolo nel suo annuncio dirà: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2 Cor 5,20).
v. 48: Di questo voi siete testimoni.
Il brano si conclude con il mandato ai discepoli di Gesù: essere testimoni di lui fino al dono della vita. Questa affermazione è ripetuta negli Atti (At 1,8; 2,32; 5,32; 10,40-41, cfr. Gv 15,27) ed è resa possibile oltre che dall'esperienza dell'incontro con Gesù risorto, dal dono dello Spirito Santo. Infatti il v. 49 che chiude l'episodio, ma che non viene proposto nella liturgia di questa domenica, parla proprio di questo dono, promesso dal Padre. La fede pasquale e la forza dello Spirito Santo fortificherà gli apostoli “nell’attuare la realizzazione delle promesse divine di un regno di pace e di giustizia, di bene e amore, ormai prossime” (M. Ledrus) e renderà possibile la diffusione della buona novella di Gesù Cristo (cfr. Mt 28,19s; Mc 16,15-20; Gv 20,21-23).

La Parola illumina la vita
Anche la mia vita è in preda a dubbi, a emozioni, a sentimenti che ci scuotono e ci turbano nell'interno, fino alle radici del mio essere?
Mi lascio aprire il sepolcro della mia mente e del mio cuore per comprendere la volontà di Dio?
Mi metto dinanzi alla Sacra Scrittura per lasciarmi plasmare dalla Parola di Dio?
Quale pace dono? Quale ferite della quotidianità in cui vivo, risano?
Come testimonio la Pasqua e predico la conversione e il perdono?

Pregare
Quando t'invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia!
Nell'angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta quando lo invoco.
Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».

In pace mi corico e subito mi addormento,
perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare. (Sal 4).

Contemplare-agire

Come i discepoli di Emmaus, anche noi apriamo il nostro cuore al Signore perché aumenti la nostra fede e ci faccia comprendere il mistero della salvezza perché di questo dobbiamo essere testimoni.