giovedì 5 giugno 2014

LECTIO: DOMENICA DI PENTECOSTE (A)

Lectio divina su Gv 20,19-23


Invocare
Dio onnipotente ed eterno, che hai racchiuso la celebrazione della Pasqua nel tempo sacro dei cinquanta giorni, rinnova il prodigio della Pentecoste: fa' che i popoli dispersi si raccolgono insieme e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del tuo nome. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere 
19 La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22 Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23 A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Silenzio meditativo: Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra. 

Capire
Il vangelo di Giovanni narra l’apparizione del risorto ai suoi discepoli il giorno stesso di Pasqua. I discepoli si trovano nel cenacolo, con le porte sbarrate “per timore dei giudei”. Viene Gesù in modo misterioso e la paura dei discepoli si trasforma in gioia. Paura e gioia ci fanno pensare subito ad alcune emozioni, a stati d’animo, ma il linguaggio di Giovanni non è psicologico, bensì teologico, non indica stati d’animo ma diverse collocazioni dell’uomo davanti alla realtà. La paura è l’atteggiamento di chi percepisce la realtà e gli altri come ostili; la gioia è piuttosto la fiducia e la pace con cui il credente guarda il mondo intorno a lui.
Il Vangelo di questa domenica ha al suo centro l'annuncio del dono dello Spirito. Lo Spirito è il dono della pasqua di Gesù. Lo Spirito è Colui che conduce la chiesa alla scoperta della verità di Cristo e allo stesso tempo, dona il potere di ringiovanire per ringiovanire, a sua volta, il mondo.  

Meditare
v. 19: La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli.
È il primo giorno dopo il sabato, quindi è l’inizio di una settimana nuova, l’inizio di un tempo nuovo, proprio di un tempo nuovo; perché la resurrezione di Gesù ha creato un tempo alternativo e nuovo rispetto al cronos della vita umana, della cronaca umana. Ha fatto irrompere nel tempo l’eternità di Dio, e ha fatto entrare nell’eternità il tempo dell’uomo. Quindi siamo davvero davanti ad un mondo nuovo che inizia, che si manifesta: la nuova creazione, la nuova alleanza.
E' sera, le porte son chiuse e i discepoli sono spaventati, quasi ossessionati dalla paura dei Giudei. Si ripete il prodigio dell'Esodo (cfr. Es 14,10). 
I discepoli spaventati sono rassicurati da Gesù; non come un tempo «Sono io» (Gv 6,20), perché la sua presenza è ormai di un altro ordine, ma «Pace a voi» che non si tratta del consueto saluto ebraico, ma è l'adempimento della promessa fatta all'ultima cena (cfr. Gv 14,27). È la pace che li renderà capaci di superare lo scandalo della croce e ottenere la liberazione nella loro vita. Cosa importante da notare è che il saluto è ripetuto due volte.
per timore dei Giudei... 
La “paura” è la condizione del discepolo nel mondo, dove è un estraneo, perché pur vivendo nel mondo non appartiene al mondo, e proprio per questo subisce nel mondo una emarginazione che può diventare anche persecuzione e rifiuto violento. Quando san Giovanni dice che “i discepoli sono nel Cenacolo a porte chiuse per paura dei Giudei”, vuole indicare fondamentalmente questa condizione: il mondo ha crocefisso il Signore, e di fronte al mondo i discepoli del Signore si trovano in questa situazione di estraneità e di paura. Così è per quello che riguarda il senso della “gioia”, che è evidentemente gioia psicologica, emozione, sentimento… ma è ancora di più, è molto di più: è quel senso di pienezza che il discepolo sperimenta quando percepisce la presenza del Signore. Il discepolo vive per il Signore, nel rapporto con il Signore; e quando questo rapporto gli è donato, viene sperimentato in pienezza, c’è la pienezza della gioia. E questo passaggio “dalla paura alla gioia” è un elemento importante dell’esperienza della Pasqua, del Signore risorto.
venne Gesù, stette in mezzo... Questa immagine del Signore come “colui che viene” è caratteristica di Giovanni. È addirittura la parafrasi del nome di Dio che si trova nell’Apocalisse (Ap 4, 8): “Colui che era, che è, che viene!”: è una presenza dinamica, ricca di salvezza, di consolazione, di speranza.
disse loro: «Pace a voi!». 
Non si tratta di un semplice saluto, ma del dono della pace che Gesù aveva promesso per il suo ritorno (cfr. 14,18-19.27-28; 16,16-23). Questo dono della pace porta in sè tutto l'augurio di benedizione divina dell'AT (cfr. Sal 72,3.7; 122,6-8; Nm 6,26; Dt 25,19; 1Sam 1,17). La pace dei tempi messianici è il dono supremo di Dio annunciato dai profeti (cfr. Is 53,5), implica tutto il benessere di vivere (cfr. Ef 2,14).
Gesù compie la sua promessa e dona la pace togliendo ogni incertezza e turbamento (Gv 14,27).
v. 20: Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. 
Qui abbiamo la continuità tra il Gesù della croce e il Risorto. Mostrando le mani, Gesù presenta il segno dell'autorità e del pieno potere che ha ricevuto da Padre (Gv 3,35; 13,3) e con le quali custodisce il gregge (10,28).
Giovanni è il solo a dare rilievo alla piaga del costato; già nella crocifissione l'aveva menzionata come densa di significato per il sangue e acqua che ne uscirono (Gv 19,34-35). Mostrando il fianco trafitto vi è una allusione alla nuova creazione che Gesù sta per compiere con l'effusione dello Spirito (lo stesso termine, pleurà, è usato nella traduzione dei LXX di Gen 2,21 a proposito della creazione della donna). Ora, Gesù ricorda ai suoi la pienezza del suo dono d'amore e si fa riconoscere come Signore e Maestro.
Mostrando i segni della passione, Gesù si fa riconoscere da loro come colui che ha vinto la morte. Inoltre si sottolinea l'identità tra il Signore glorioso della Chiesa e il Gesù crocifisso (cfr. Eb 2,18).
E i discepoli gioirono al vedere il Signore . 
Gesù stesso aveva annunciato ai suoi, nel discorso d'addio, che si sarebbero rallegrati nel rivederlo e la loro tristezza si sarebbe mutata in gioia (16,20.22).
I discepoli riconoscono Gesù immediatamente e senza riserve; superando il dato sensibile, vedono il Signore nella pienezza della fede. La gioia nasce da questo vedere il Signore, che costituisce anche un riconoscimento, secondo il senso giovanneo.
v. 21: Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 
Il saluto pasquale ripetuto due volte: “Pace a voi” è il primo dono di Pasqua. Essa è liberazione dall’angoscia della morte che turbava il cuore dei discepoli e li teneva prigionieri della paura.
Gesù è essenzialmente un mandato, che nella sua missione rende presente la parola, l’amore, la misericordia, il progetto e le promesse di Colui che lo ha mandato. Attraverso Gesù, Dio si fa visibile: proprio perché è un Mandato, quindi non ha autorità propria, rimanda continuamente a quel Padre da cui ha ricevuto tutto. La sua missione non è altro che l’espressione del dono totale di sé, dell’identità del Figlio come “colui che riceve la vita da…”. 
Questa missione non è proporzionata alle nostre forze, ma è proporzionata all’amore del Signore, quindi al suo dono. Perché il dono del Signore è esattamente questo: lo Spirito. Nel nostro brano è dono del Signore la pace, ed è dono del Signore lo Spirito. 
Qualcuno ha detto che “lo Spirito Santo è capace di fare una cosa sola, ma la fa molto bene: è capace di fare Gesù Cristo”. Dove arriva lo Spirito Santo, il mondo assume la forma di Gesù Cristo. Dove c’è lo Spirito, lì il mondo viene plasmato secondo quella forma precisa che era la forma del Figlio di Dio, la forma di Gesù.
vv. 22-23: Detto questo, soffiò... 
Il soffio (alitò) sui discepoli da parte di Gesù evoca sicuramente il gesto creativo di Dio. Nel libro della Genesi (2,7) c’è questo soffiare, l’alitare di Dio sull’uomo per cui l’uomo divenne un essere vivente. Come pure la grande visione di Ezechiele ( 37,9 ). Soltanto lo Spirito di Dio è capace di ricreare l'uomo e strapparlo al peccato (Ez 36,26-27; Sal 50,12-13; 1Re 17,21).
Qui c’è questo gesto, questo soffio di Gesù, che è una promessa che si verificherà a Pentecoste (At 2,1-4), dichiara la sua divinità, indicando, nel dono dello Spirito, la vera vita a cui la chiesa deve attingere, una vita che spinge la chiesa alla remissione dei peccati, che è il gesto stesso di Dio.
Ricevete lo Spirito Santo. 
Il secondo dono pasquale è la comunicazione dello Spirito Santo, che Gesù ha promesso come Consolatore e Spirito che li introduce nella pienezza della verità. Lo Spirito è il dono del Cristo, viene dal "soffio" del Cristo Risorto; in ebraico il termine "spirito" e "soffio" coincidono.
Il dono dello Spirito è in vista della missione di cui sono investiti i discepoli. La missione, il dono dello Spirito, il potere di rimettere i peccati sono dati all'intera comunità, che però si esprime attraverso coloro che detengono il ministero apostolico. 
I discepoli infatti prolungano la missione che Gesù ha ricevuto dal Padre.
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati. 
Nell'apparire del Signore risorto ai discepoli si intuisce che il suo modo di manifestarsi non è un modo “nella potenza” come noi possiamo intendere, ma Gesù risorge in modo umile e quel cammino che aveva chiesto ai suoi nella sua passione e nella sua morte, lo chiede anche nella risurrezione: ai suoi chiede la conversione e il perdono dei peccati. La misericordia e il perdono costituiscono ciò che la chiesa è invitata a compiere. 
La parola di Gesù sul potere di rimettere i peccati accompagna il gesto col quale egli mostrava le piaghe della passione. Il ministero del perdono è ogni giorno attualizzazione del sacrificio di Cristo. Salvezza per chi crede ed accoglie il dono di Gesù, condanna per chi non si apre a Lui con fede.

La Parola illumina la vita
In questo cammino di profonda assimilazione a Gesù Cristo ci possono essere dei momenti "bui" o delle brusche frenate. La difficoltà e le oscurità del credere fanno parte della vita del Cristiano. La scrittura ci insegna che è difficile credere, la fede è una conquista faticosa. C'è bisogno di tanta pazienza e umiltà. Il passaggio da una fede "iniziale" ad una fede "matura" necessita di un cammino serio in cui la libertà dell'uomo si lascia avvolgere e abbracciare dall'amore di Dio per arrivare alla realizzazione piena e completa. Quanti dubbi e incertezze ci sono dentro di me? Percepisco la presenza dello Spirito Santo nella mia vita? Come alimento questa presenza e questa conoscenza? In quali occasioni l'ho sperimentata con forza?

Pregare
Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore. (Sal 103).

Contemplare-agire
La forza dello Spirito mi doni parole nuove per comunicare a tutti l'annuncio del Signore risorto, perché ogni persona che incontreremo sperimenti un po' dell'ebrezza del dono di Dio che ci unisce.