venerdì 30 maggio 2014

LECTIO: ASCENSIONE DEL SIGNORE (A)

Lectio divina su Mt 28,16-20


Invocare
Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria. 
Egli è Dio, e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Leggere
16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17 Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18 Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Silenzio meditativo: Ascende il Signore tra canti di gioia.

Capire
Siamo arrivati all'ascensione del Signore e la liturgia ci presenta un brano evangelico che non descrive l'ascensione di Gesù ma qualcos'altro anch'esso importante.
Forse risulterà strano ai nostri occhi e al nostro cuore, ma l'ascensione di Gesù, come risulta dalla pericope matteana non è una separazione di Gesù dall'umanità ma una vicinanza più intensa, più, più partecipata.
Ci troviamo alla fine del Vangelo di Matteo dove troviamo un'introduzione al tempo della Chiesa. Il linguaggio che troviamo è ecclesiale, non cristologico. Infatti l’apparizione di Gesù è raccontata di sfuggita (“e vedendolo”). Infatti, all'evangelista non interessa più convincere della realtà della risurrezione (ciò è stato fatto in precedenza), ma mostrare le conseguenze che dalla risurrezione derivano per la fede della Chiesa.
In questi pochi versetti abbiamo le istruzioni missionarie impregnate da un contenuto teologico. 

Meditare
v. 16: Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 
Matteo sottolinea il numero dei discepoli indicandone solo undici per l’assenza di Giuda. Questi sono gli unici rimasti adombrati dal mistero del male, innestati nella croce di Cristo e nel rifiuto di Lui da parte di molti Giudei, tra cui anche Giuda. Questi discepoli sono là, presenti, si muovono nella fede, nonostante i fatti dolorosi. Questo è importante e determinante nella loro vita.
In risposta all’invito, i discepoli sono fedeli e si fidano di Gesù. Il loro movimento è geografico-spirituale: la Galilea, il ponte, la frontiera con il mondo pagano, quindi è un luogo nel quale un pio Israelita non immagina di incontrare Dio. Gesù capovolge questa idea di Dio e fissa l’appuntamento in Galilea, sul monte.
Matteo scrive per una comunità i cui fedeli sono in prevalenza di origine giudaica, la parola “monte” tocca loro il cuore e rimanda alla manifestazione del Dio dell’Antica alleanza, evoca il Sinai, la figura di Mosè.
“sul monte” Gesù aveva iniziato la solenne rivelazione del Regno (5,1-2), ora “sul monte” dà compimento ad essa con la rivelazione della sua Signoria regale. 
Gesù aveva predetto e assicurato agli apostoli che dopo la risurrezione li avrebbe preceduti in Galilea (26,32); poi aveva tenuto viva la promessa dicendo alle donne di andare “ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno” (28,10). Ora è fedele alla promessa e la realizza.
Incontrare i discepoli in galilea corrisponde alla continuità tra il Cristo storico e il Cristo risorto.
v. 17: Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 
Il versetto inizia con il verbo vedere. Si tratta di un vedere interiore. Ognuno dei discepoli riesce a leggere l’avvenimento in base alla maturazione del cuore, alla crescita spirituale: è un vedere con gli occhi umani, ma illuminati dalla fede.
Questa fede è accompagnata dal gesto di prostrazione. Il verbo “prostrarsi” (greco proskyneo) è usato ben 13 volte da Mt e descrive sempre un riconoscimento divino, una sincera venerazione religiosa: è il gesto dei magi (2,2.8.11), del lebbroso (8,2), della Cananea (15,25). Cessata la tempesta gli apostoli si erano già prostrati (14,33), quasi anticipando l’adorazione di Cristo risorto, ora l’inginocchiarsi si carica ancor di più di adorazione liturgica e religiosa.
Nel gesto di adorazione si manifesta una fede che riconosce Dio, eppure c’è ancora nel cuore la riserva e il dubbio. Dubbio e fede sono aspetti concomitanti del cammino spirituale sia degli apostoli che di tutti gli uomini. Un esempio è Pietro: aveva avuto fede tale da camminare sul mare, ma poi ha sperimentato la paura e il dubbio che lo hanno fatto affondare (14,24-31).
vv. 18-19: Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.
Gesù è il Dio con noi. Il suo avvicinarsi può qui indicare anche il fatto che viene a questo punto da lontano, viene dall’aver attraversato la morte e deve farsi vicino, deve superare questa barriera e farsi capire.
Anche nella rivelazione della trasfigurazione, Mt dice che “Gesù si avvicinò e, toccatili, disse…” (17.7), ad indicare che nelle situazioni particolarmente centrali della rivelazione dell’identità di Gesù, la paura o la debolezza dei discepoli è confortata e aiutata da una particolare intimità del Signore.
Il potere di cui Gesù parla è lo stesso potere di Dio: in cielo, su tutte le potenze celesti; in terra, sugli uomini, in particolare sui potenti di questo mondo.
Il Figlio dell'uomo in Daniele e in Matteo riceve ogni potere alla fine dei tempi per giudicare tutti gli uomini (cfr. Mt 25,31-46).
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, 
 In Matteo il tema del discepolato è importante. Troviamo il verbo matheteuo descritto 3 volte (13,52; 27,57; 28,19) e una quarta volta iin At 14,21.
Gesù è cosciente che tutto quello che fa, viene dal Padre. Ora, la relazione Trinitaria è una relazione dinamica. L’amore di Dio non si centra su se stesso, ma vuole espandersi. Li manda a fare discepoli tutti i popoli, le nazioni pagane. E come? All’inizio del vangelo Gesù quando aveva chiamato i discepoli aveva detto: “Venite dietro di me e vi farò pescatori di uomini”.
Fare discepoli significa che Essi devono condurre i popoli a professare la stessa fede in cui li ha educati a credere: condurre le persone a Cristo, rendere tutti gli uomini discepoli dell’unico Maestro (cfr. 23,8).
battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
La modalità del discepolato è il battesimo. Non una catechesi ma un inizio che immerge nella morte di Cristo e nella vita Trinitaria. Questo perché esso deve tradursi nella vita vissuta, deve nutrirsi della Parola e dell’insegnamento degli apostoli, per produrre i frutti di santità e di perfezione della fede.
v. 20: insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. 
Qui è la prima e è l’unica volta in cui Gesù autorizza i suoi discepoli ad insegnare, a osservare,
letteralmente a praticare, "tutto ciò che vi ho comandato".
Cosa ha comandato Gesù? E l’unica cosa che Gesù ha comandato in questo vangelo, nel quale appare il termine “comando”, sono le beatitudini. La pratica delle beatitudini significa orientare la propria vita al bene degli altri. Questo non può essere insegnato con una dottrina, ma attraverso comunicazioni ed esperienze di vita. Infatti, il modello cristiano matteano è incentrato sul "fare" (7,21). I discepoli adempiranno il matheteusate richiesto da Gesù.
Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
All'inizio del Vangelo, l'evangelista ha presentato Gesù come il Dio con noi (1,22). Inoltre, corrisponde alla stessa promessa di vicinanza attiva da parte di Dio nell'AT (cfr. Es 3,12; Gs 1,5.9; Is 41,10;43,5.
Ora Gesù stesso assicura questa sua caratteristica. Ma non finisce qui. Questo Dio con noi, non è da cercare ma da accogliere.
L'eimi ha valore di futuro che richiama al compimento, al perfezionamento dell'aion, "vita, generazione". Un termine che corrisponde all'ebraico 'olam (cfr. Qo 3,11) che non è la fine del mondo, ma vuole indicare il passaggio definitivo da un'esperienza di vita temporale al dono della vita piena per gli eletti (cfr. Mt 25,31).

La Parola illumina la vita
La presenza di Cristo che si manifestò da principio con i miracoli e con la fioritura dei carismi, ora continua in modo misterioso nella sua Chiesa, la rende sempre viva e feconda, pur nelle difficoltà della sua lunga storia, che con lui e come lui cammina verso l’umanità, non fino alla fine del mondo ma del "tempo". Alcune domande dunque non possono non interpellarci: amiamo sufficientemente questa umanità, la nostra e quella di quanti ci circondano? Amiamo sufficientemente questo mondo in cui siamo stati dispersi? Sappiamo vivere, secondo il comando di Gesù, la nostra speranza "con" il mondo, oppure ci alleiamo con i profeti di sventura per "vivere" la nostra speranza "contro" il mondo? Sappiamo trasmettere vita oppure spargiamo nel mondo semi di morte? 

Pregare
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo. (Sal 46)

Contemplare-agire
Contemplare questa pagina è agire in uno spazio pieno di un religioso silenzio per cogliere ancora una volta il comando di Gesù e "prendere il largo" coraggiosamente, sorretto dalla certezza della sua costante presenza.