giovedì 21 febbraio 2013

LECTIO: 2ª DOMENICA DI QUARESIMA (C)

Il Signore è mia luce e mia salvezza

Lectio divina su Lc 9,28-36


Invocare
O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29 Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30 Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32 Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33 Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. 35 E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!». 36 Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Capire
Siamo nella Domenica della trasfigurazione, cioè della rivelazione gloriosa di Dio all'interno della storia umana. Seguendo i testi biblici che verranno proclamati nella Divina Liturgia possiamo identificare un trittico di trasfigurazioni dal profilo diverso ma unite da un'armonia interna.
Testualmente ci troviamo al capitolo 9 del Vangelo di Luca, dove Gesù rivela sempre più chiaramente la direzione della sua messianicità e, parallelamente, il discepolo è invitato a capire sempre più che il suo cammino non è separabile da quello del Maestro.
I vv. 28-36 raccolgono la trasfigurazione di Gesù, una rivelazione rivolta ai discepoli, che ha come oggetto il significato profondo e nascosto della persona e dell’opera di Gesù. Parlare della trasfigurazione non significa solo parlare o rivelare il futuro, ma anche manifestare il significato profondo che la realtà già ora possiede. La trasfigurazione, infatti, non è soltanto una rivelazione in anticipo della futura risurrezione di Gesù, ma è una rivelazione di ciò che Gesù è già: il Figlio di Dio. L’episodio è una chiave che permette di cogliere la vera natura di Gesù dietro le apparenze che la nascondono.
Nella scena della trasfigurazione non abbiamo solo la rivelazione dell’identità di Gesù e della sua opera, ma anche la rivelazione dell’identità del discepolo: il cammino verso la Croce e la risurrezione.

- Silenzio meditativo perché la Parola entri in noi e illumini la nostra vita


Meditare

v. 28: "circa otto giorni dopo". Luca precisa il dato cronologico ben più preciso di Mc 9,2, forse per una intenzione simbolica.
L'ottavo giorno è il giorno stesso della resurrezione (Lc 24,1), lo "stesso giorno" (24,13) del suo spiegare le letture e in cui si aprono gli occhi dei discepoli allo spezzare il pane.
È il "giorno del Signore", la nostra domenica, la "dies dominica", il giorno in cui viviamo nell'ascolto e nello spezzare il pane, mangiando e vivendo del mistero di Dio.
"dopo questi discorsi". Gesù aveva appena annunciato la sua morte e risurrezione (vv. 21ss), rivelando il cammino della sua croce e dei discepoli verso la gloria.
È il compimento dì quanto detto al v. 27.
"prese con se". Gesù è accompagnato da tre discepoli come testimoni secondo la legge antica; importante per la comunità dei discepoli presenti e futuri (cfr. Dt. 17,6).
Questi tre sono gli stessi testimoni della risurrezione di Lc 8,51 e ancora al Getsemani, almeno per Mt 26,37 e Mc 14,33 mentre per Luca là dormono come gli altri (Lc 22,39ss). Qui abbiamo un riferimento a Mosé che porta con sè nella sua salita Aronne, Nadab e Abiu ma anche settanta anziani di Israele (Es 24,1).
"sul monte"Luca non riporta il nome. Sappiamo che il monte è identificato col Tabor, magari ci siamo stati e abbiamo verificato  una collina tozza e tondeggiante di meno di 600 metri di altezza. In realtà esso è un monte "teologico",  già individuato nell'AT come il luogo ideale dell’incontro dell’uomo con Dio. Il monte, poi, al di là del nome che porta sono luoghi che manifestano sia la passione che la rivelazione e in ultima analisi sono il luogo dove la rivelazione diventa Liturgia.
Salire il monte non è solo un fatto esteriore ma sopratutto un fatto interiore per uscire dalla quotidianità e dare spazio e respiro a Dio che convoca.
Sotto questo aspetto, il monte diventa sede della scoperta del mistero, pur stando nella quotidianità (G. Ravasi). Il monte è Dio stesso a cui l'uomo resiste: “Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo” (Os 11,7).
"a pregare". Luca più degli altri evangelisti presenta spesso Gesù in atteggiamento orante (cfr. 3,21; 5,16; 6,12; 9,18.29; 11,1; 22,32; 23,34). La preghiera è infatti il respiro della vita cristiana, il luogo del dialogo con Dio. 
v. 29: "Mentre pregava"La  notazione particolare e unica dell’evangelista Luca è  proprio  il collegamento della trasfigurazione di Gesù alla preghiera. In Luca, a differenza di Matteo e Marco, la trasfigurazione è un avvenimento orante. È nella preghiera che si rivela pienamente la gloria di Dio.
"il suo volto cambiò d'aspetto". Luca tralascia i paragoni e le immagini così concrete e popolari di Matteo e di Marco. Non usa il termine "trasfigurazione". Letteralmente il testo greco tradotto fa: "divenne l'aspetto del suo volto altro"
Il verbo greco usato è "héteros", cioé "divenne altro". Il colloquio col Padre trasforma in altro. La preghiera, infatti, contiene un forte dinamismo capace di operare una trasformazione reale dell’uomo e della creazione intera.
Luca non può dire di più se non che è «altro», perché è la «gloria», la stessa gloria (la sua) che rifulge in Mose ed Elia e che descrive nel vestito.
Anche di Mose in Es 34,29-35 si dice che il suo volto era raggiante (dopo consegna seconda volta tavole) ma di luce riflessa, non sua. Gesù invece riceve quella Luce dall'interno in quanto Lui stesso è Luce da Luce (come diciamo nel credo).
"la sua veste candida e sfolgorante". E' la gloria che Mose desiderò vedere, ed ottenne di vederla solo di spalle (Es. 33,18-23) i discepoli ora la contemplano (v. 32). La veste bianca ci richiama la resurrezione (Lc 24,4) di cui la trasfigurazione è un'anticipazione.
Il bianco è il colore consacrato alla divinità; per il suo effetto ottico, per la sua assenza totale di colorazione, il bianco appare vicino alla luce stessa. In pittura il bianco domina l'immagine con il suo irradiamento, sembra fare un salto in avanti con più forza di tutti gli altri colori. 
v. 30: "due uomini". Il salire sul monte si completa con coloro che hanno incontrato Dio: Mosè ed Elia, due personaggi di una portata teologica. L'espressione "due uomini" ritornerà a proposito dei due angeli della resurrezione (24,4) e dei due angeli dell'ascensione (At 1,10).
Questi due uomini sono Mosè ed Elia. Il primo raffigura la Legge, mentre il secondo il padre dei profeti. Gesù è in dialogo con loro due in quanto Gesù è Colui che la legge e la profezia hanno promesso e atteso.
v. 31: "apparsi nella loro gloria". La loro gloria è quella di Gesù; infatti la gloria della legge e della profezia è il Figlio obbediente, la Parola stessa, l'uditore perfetto del Padre.
"parlavano della sua dipartita". Solo Luca riferisce di che cosa conversavano i due grandi testimoni di Dio con Gesù: la croce. Lo fa usando il termine "esodo". Quest'espressione non è casuale, , ma intenzionale, perché evoca la salvezza di Israele dall'Egitto e carica la morte di Gesù di tutto il significato della pasqua. Gesù è Colui che intraprende il suo esodo verso Gerusalemme, passando oltre le acque della vita per passare nella gloria.
A questo esodo sono associati i discepoli stessi. Gerusalemme, infatti, è il luogo del compimento perché "non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme" (13,33).
v. 32: "Pietro e i suoi compagni". Pietro, Giacomo e Giovanni vivono un’esperienza troppo grande per loro, si lasciano prendere dal torpore del sonno, segno dell’inadeguatezza dell’uomo a sostenere il peso del divino, comunque esso si manifesti, nella gloria o nella sofferenza. L’immagine prefigura un altro luogo, il Getsemani, in cui i tre discepoli più intimi del Signore si abbandoneranno al sonno (Mt 26,40a; Mc 26,37).
Il racconto della Trasfigurazione, come quello dell'agonia di Gesù, contiene anche un invito per i discepoli alla preghiera e alla vigilanza.
«restarono svegli»: meglio sarebbe «destatisi»; letteralmente infatti " diagrēgoréō" è verbo composto che si rende meglio con "svegliatisi completamente".
«videro la sua gloria e i due uomini»: si ribadisce la presenza stabile di Mose ed Elia con la gloria di Gesù.
v. 33: "Mentre questi si separavano". Pietro prende la parola nel momento in cui questi si separavano. Pietro parla ma non si rende conto di quanto stava accadendo, a nome degli altri interrompono la gloria visibile del Signore.
"è bello per noi stare qui". L'espressione richiama a Es 33,1ss quando Mosé piantò "fuori dall'accampento" la tenda della rivelazione, su cui scese la colonna di nube.
Una frase che sfugge il mistero della messianicità di Gesù: "non sapeva quel che diceva". La trasfigurazione appartiene alla Croce e non alla Gloria. Nonostante che si son destati dal sonno dormono ancora. De resto anche al monte degli ulivi si ripeterà questo sonno. Piace di più la Gloria che la Croce. Loro vogliono assicurare il momento della gloria sul Monte, e si offrono per costruire tre tende. Però la trasfigurazione senza la Croce è vuota!
Le tre tende di cui si parla è visto in rapporto alla festa delle Capanne che Luca riprenderà in 16,9 riguardo al discorso delle eterne tende dei giusti nella vita futura.
v. 34: "una nube". Il versetto riprende Es 24,15-18; 40,34s, la nube che ricopre la cima del monte Sinai o che riempie la tenda (cfr. anche Es 16,10; 19,9; Lv 16,2; Nm 11,25). Ancora un richiamo all'esodo di Israele nel deserto, dove la nube è la guida del popolo verso la salvezza. Nel Sal 105,39, dove si canta Dio che guida gli ebrei nel deserto, il testo ufficiale della Chiesa traduce: "distese una nube per proteggerli". Alla lettera è invece: "stese una nuvola come tappeto". Dio spiana la sua nube ed essa, per effetto dell'ombra che produce, forma in terra una traccia; gli Ebrei possono così attraversare il deserto affidandosi alla "segnaletica" divina (Erri De Luca).
"ebbero paura". E' il timore che prende il pio israelita quando si trova davanti a Dio ma è anche la paura del buio, del non vedere. Questa paura ritornerà nuovamente il giorno della risurrezione (Lc 24,37).
v. 35: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo". Si ripete la scena del Battesimo, quando il Padre dalla nube indicò Gesù come Figlio.
A questa rivelazione della dignità filiale si aggiunge l'imperativo "ascoltatelo!". E' il centro della trasfigurazione, dove si lega la visione all'ascolto, ossia all'obbedienza a Gesù che si rivolge «a tutti» (v. 23). I discepoli sono coloro che scendono da Tabor insieme a Gesù per imparare sempre e in ogni momento ad ascoltarlo per diventare come Lui. Perché Gesù è la nuova legge, la Parola definitiva, il nuovo Mosè, la stessa Torah (cfr. Dt. 18,15-18).
v. 36: "essi tacquero"Gesù ora è solo come sarà solo sulla croce; la resurrezione infatti sarà la trasfigurazione resa eterna. Ai discepoli da' l'ordine di tacere.
C'è un silenzio che è custodia quasi a maturare dentro quanto è accaduto, in maniera che germogli, prenda forma dentro... come accadde a Maria.
L'obbedienza all'ascolto richiama a questo silenzio che è custodia. L'ascolto di Gesù sarà la tenda che contiene la gloria: chi ascolta, vi entra e vede la gloria del Padre nel Figlio. Associati a Cristo ci trasfigureremo anche noi e Cresceremo nel nostro cammino verso Gerusalemme, verso la nostra Croce.

- Per la riflessione personale e il confronto:
Riconosco in Gesù la piena e definitiva manifestazione dell'amore di Dio, il punto più alto di questa storia che crea Alleanza?
Riconosco che anche io debba entrare nella nube per cogliere il senso di quanto vivo?
Riconosco che stare con Gesù "non è bello" ma è un cammino verso Gerusalemme, verso la Croce?

Pregare

Lasciamoci trasformare dalla Parola di Dio e preghiamo insieme al Salmista (Sal 26):

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Ascolta, Signore, la mia voce.

Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito: 
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,

non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore

nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Contemplare-agire
La trasfigurazione è diventare "altro". "Nell’attesa di quel giorno a noi non resta che contemplare, per quanto ne siamo capaci, «il volto di Cristo su cui risplende la gloria di Dio» (cf. 2Cor 4,6): così, «riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasfigurati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, attraverso l’azione dello Spirito santo» (cf. 2Cor 3,18). Così nella tua luce vediamo la luce, Signore (cf. Sal 36,10)!" (Enzo Bianchi).

mercoledì 20 febbraio 2013

LECTIO: 1ª DOMENICA DI QUARESIMA (C)

Resta con noi, Signore, nell'ora della prova

Lectio divina su Lc 4,1-13


Invocare
Signore nostro Dio, ascolta la voce della Chiesa che t'invoca nel deserto del mondo: stendi su di noi la tua mano, perchè nutriti con il pane della tua parola e fortificati dal tuo Spirito, vinciamo col digiuno e la preghiera le continue seduzioni del maligno. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
1 Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2 per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3 Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». 4 Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo».5 Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6 e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. 7 Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». 8 Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». 9 Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui; 10 sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; 11 e anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra».12 Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». 
13 Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Capire
Luca racconta, con un certo stile, in 4,1-44 alcuni aspetti del ministero di Gesù dopo il suo battesimo, tra cui le tentazioni del demonio. 
Questo episodio della vita di Gesù introduce al suo ministero. Qualcuno lo interpreta come momento di transizione dal ministero di Giovanni Battista a quello di Gesù.
Ci troviamo, secondo la tradizione, nella zona desertica nei pressi di Gerico (deserto della Giudea), non lontano dal luogo del battesimo (zona, sempre secondo la tradizione, individuata con El Maghtas, circa 9 Km a est-sud est di Gerico). I visitatori di Telks-Sultan (la Gerico dell’A.T.) godono un’ottìma vista del tradizionale Monte delle Tentazioni (la tradizione risale al VII secolo) sulla cui cima (secondo Matteo, Luca infatti non precisa, dice solo che Gesù fu portato in alto) Satana offrì a Gesù tutti i regni della terra a patto che si prostrasse per adorarlo.
Il nome arabo della montagna, Jabal Quruntul, deriva evidentemente dalla parola francese quarante introdotta dai crociati in ricordo dei quaranta giorni delle tentazioni.
Le tre tentazioni di Gesù sono le tentazioni dell'uomo di sempre. Tentazione significa in realtà fare ordine nelle nostre scelte e nelle relazioni di fondo. Cosa succede nel Vangelo: essere tentati verso se stessi, verso gli altri e verso Dio.
Dunque, quello che abbiamo davanti non è una favola da raccontare, né un pio racconto edificante, ma al contrario gli evangeli ci suggeriscono che ciò che Gesù ha provato tocca ad ogni uomo. La prova sarà ormai il clima di ogni fede: chi sarà provato come lui, sarà figlio come lui.

- Silenzio meditativo perché la Parola entri in noi e illumini la nostra vita

Meditare
v. 1: "Gesù". Il nome usato non è quello di Messia o altro titolo consono alla missione. Luca sembra voler porre in evidenza quel Gesù partorito da Maria e del quale ha esposto gli eventi della nascita e del battesimo. Il discorso è prettamente teologico. Gesù è l'uomo come noi che sta per essere tentato ed inserito nella storia dì tutta l'umanità (Cfr. 3,23-38 la genealogia di Gesù).
"fu condotto dallo Spirito nel deserto". Nell'Antico Testamento il deserto non è solo ed esclusivamente il luogo della tentazione e della prova, ma è l'occasione di fare esperienza della vicinanza, della fedeltà, della misericordia del Signore (cfr. Dt 2, 7).
Gesù non và nel deserto di sua spontanea volontà; anche Luca come Matteo sottolinea che l’iniziativa del ritiro di Gesù nel deserto risale allo Spirito. Quello stesso Spirito che rese possibile la sua generazione (Lc 1,35) ed era venuto visibilmente su di lui per mostrare a tutti il compiacimento del Padre (Lc 3,21s), ora lo conduce nel deserto come aveva condotto il popolo eletto (Dt 8,2). 
v. 2: "quaranta giorni": Questo numero allude ai 40 anni del cammino di Israele nel deserto. E' il tempo della prova. E' il tempo dell'attesa prima della rivelazione.
Gesù come Mosè dopo aver digiunato 40 giorni sul monte, alla presenza del Signore, per ricevere la sua Legge (cfr. Es 34,28; Dt 9,9), si ritrova tentato e spezza le tavole per il grande peccato del Vitello d'oro (cfr. Dt 9,18). Anche Elia camminò e digiunò per 40 giorni e 40 notti prima di ricevere la rivelazione di JHWH sul monte Oreb.
"fu tentato". Nel linguaggio biblico il termine greco "peirazo", che vuol dire "tentare", ha un duplice significato: «mettere alla prova, saggiare» e «far deviare dalla retta via».
Luca vuole sottolineare, in particolare, il secondo significato, ovviamente senza escludere del tutto il primo, a motivo della velata allusione a Dt 8,2: Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
"dal diavolo". In greco diabolon significa accusatore (da dia-ballo = abbindolo con parole, accuso) perché davanti a Dio (cfr. Gb 1,6) mette in luce reali o supposte colpe o cattivi propositi dell'uomo.
v. 3: "Se tu sei". Ecco la prima delle tre tentazioni: l'avere, cioè l’uso del potere per se; tre è il numero perfetto, la sintesi di tutte le possibili tentazioni.
Il diavolo riprende quanto proclamato al battesimo "Tu sei" inserendoci il suo dubbio: "se".
Questo condizionale è la radice di ogni tentazione anche per noi, resi da Dìo veramente suoi figli, battezzati e segnati dalla Croce di lui. 
"Figlio di Dio" è detto proprio dai demoni (8,28); dai discepoli (Cfr. Mt 14,33) e da Pietro (Mt 16,16); è la domanda del sommo sacerdote (Cfr. Mt 26,63 e Mc 14,61) a cui Gesù risponde con decisione ed estrema chiarezza; è la proclamazione finale del centurione sotto la Croce (Cfr. Mt 27,54 e Mc 15,39).
"dì a questa pietra". L'espressione contiene l'imperativo aoristo positivo: ordina di dare inizio a un'azione nuova. La parola in Oriente ha una forza creatrice e può dare origine anche a ciò che ancora non esiste: Dio dice per creare (Cfr. Gen 1,3.6.9. ecc.); Gesù dimostrerà con i fatti (cfr. Mc4,39, obbedienza immediata del mare e dei venti) di avere parole di una potenza senza limiti (in ebraico parole di vita eterna, Gv 6,68).
v. 4: "rispose". Gesù usa la parola, ma delude il tentatore; risponde in modo tagliente rimandando alla sola Parola divina.
"Sta scritto", : ossia alla lettera, «è stato scritto da Dio» (passivo della Divinità, usato per non nominare il nome divino). Gesù contrappone alla tentazione la riflessione e l'ammonimento di Mosè ad Israele proprio riguardo a quell'episodio (Dt 8,3); Gesù sa che ogni parola di Dio è promessa che non viene mai meno.
"Non di solo pane", che vuol dire anche di pane, ma il "pane" primo è l'obbedire a Dio e il fidarsi di lui. Dio non è in alternativa al pane e non sottrae nulla all'uomo, anzi gli dà tutto perché è sua creatura. 
Il diavolo suggerisce sempre una alternativa falsa: è l'astuzia del nemico che vuole rovinare l'uomo. 
Siamo fatti per cose più grandi. Quando nella preghiera del Padre nostro preghiamo per il pane, riconosciamo che il nostro pane è da lui, ed è infine lui, stesso la nostra vita.
v. 7: "se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me": I vv. 5-7 raccolgono la seconda tentazione: quella del potere. Obiettivo della tentazione è l’acquisto di un potere che non faceva parte del programma messianico e salvifico stabilito da Dio per il suo Figlio. Luca sottolinea che questo tipo di potere viene direttamente da colui che è chiamato il principe di questo mondo. Usare i mezzi del nemico, significa già lavorare per lui, il cui fine è far usare all’uomo tali mezzi, che producono il male.
La tentazione del peccato di "idolatria" è quando si conferisce il carattere di assoluto e necessario a qualcosa che non è Dio; quando l'uomo assolutizza qualunque realtà al di sotto di Dio: la legge, l'ordine, la proprietà, il lavoro, la produttività, il consumo, il piacere, il benessere, la libertà, la scienza, lo stato, la chiesa, le varie ideologie ecc. I mezzi, anche quelli buoni, diventano negativi se assolutizzati.
Attenzione. A questa tentazione non è premesso l'espressione che Gesù è il Figlio di Dio, in quanto è indirizzata a ciascuno, a tutti.
v. 8 - "Sta scritto". Riprendendo Dt 6,13 Gesù da' la sua risposta radicale opponendosi a questa mentalità, a questo modo di usare il potere. Il potere è diabolico a prescindere da chi lo detiene. 
In questo versetto possiamo cogliere un parallelo del culto idolatrico del vitello d'oro, il dio visibile e disponibile che Israele si era costruito (Es 32,20; e 1 Cor 10,7).
v. 9: "Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui". I vv. 9-11 raccolgono la terza ed è la tentazione più diabolica, ammantata anche dalle parole della Scrittura.
Il diavolo mostra di conoscere perfino i testi «messianici» e di saperli applicare; cita il Sal 91 (90), 11a. 12ab (il salmo responsoriale offerto dalla Liturgia), un salmo didattico sapienziale e l'applicazione al Messia calza a pennello, beninteso quello immaginato dal diavolo.
Gesù ha subito nuovamente questa stessa tentazione durante la passione (cfr. Mt 26,51-54).
“Salvate stesso” sarà il tragico triplice ritornello della tentazione che risuona ai piedi della croce (23,35.37.39), anche per il cristiano di oggi.
v. 12: "È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo". Gesù risponde ancora una volta citando la Sacra Scrittura. L'obbedienza a Dio è alla base e non la tentazione. Come pure, Dio non ha bisogno di esibizione per una nostra sfiducia nei suoi confronti. La nostra vita è salva solo se ci si rimette a lui, alla sua giustizia che grazia.
v. 13: "il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato". Il diavolo si allontana ma non finisce qui. Luca questo particolare lo sottolinea con questa espressione: áchri kairoû (= per un certo tempo) che è densa di significato.
Il "kairós" non è solo il "tempo per la salvezza" concesso da Dio, ma è anche il tempo della Croce sotto la quale il diavolo ripeterà le tre tentazioni. Per tre volte verrà ricordato al Crocifisso che, se è il Messia, ha il potere di salvare se stesso. Ma egli si abbandonerà nelle braccia del Padre che gli donerà la pienezza della vita.

- Per la riflessione personale e il confronto:
Come vivo la fatica di essere fedele a Dio? Avverto la sua presenza anche nei "deserti" della mia vita?
Che spazio ha nella mia vita la Parola di Dio? Mi aiuta ad affrontare e superare le prove? Coltivo questo dono?
Anche io mi lascio possedere dal diavolo per ottenere pane e potere oppure seguo il Cristo nella piena coscienza di essere libero, generoso e amante come Lui?

Pregare
Lasciamoci guidare dallo Spirito di Dio e non dalle tentazioni del diavolo e rispondiamo al Signore con le sue stesse parole (dal Sal 90):

Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».

Non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.

Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.

«Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso».

Contemplare-agire
Viviamo ripercorrendo questa Parola meditata nella vita, aiutati dalle parole di Benedetto XVI: "la Quaresima ci vuole condurre in vista della vittoria di Cristo su ogni male che opprime l’uomo. Nel volgerci al divino Maestro, nel convertirci a Lui, nello sperimentare la sua misericordia, scopriremo uno “sguardo” che ci scruta nel profondo e può rianimare ciascuno di noi".