giovedì 11 febbraio 2010

Lectio divina su Lc 6,17.20-26

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Beato l’uomo che confida nel Signore

Lectio divina su Lc 6,17.20-26


Invocare
O Gesù, Salvatore e maestro delle umani generazioni, degnati di effondere nei redenti la tua luce, la tua verità, il tuo Spirito affinché tutti ci santifichi, e fiorisca sulla terra il tuo santo regno... e tu, o Signore, tieni nel cuore le anime alimentandole della grazia e del tuo stesso Spirito, come la vite alimenta del proprio succo i suoi tralci. Amen!

Leggere
17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. 20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. 21Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. 22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
24Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. 25Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. 26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agi­vano i loro padri con i falsi profeti.

- Un momento di silenzio meditativo perché la Parola possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

Capire
Ci fermiamo con attenzione per capire la redazione lucana delle beatitudini, con alcuni tratti caratteristici che la distinguono da quella, più nota e più antica, di Matteo. Anzitutto Luca conosce solo quattro beatitudini e le accompagna con altrettanti guai. Nel brano abbiamo due versetti saltati. Essi sono decisivi per la comprensione della novità che Cristo manifesta alla nostra vita: “erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti”.
Il significato di questa struttura è evidente: vengono capovolte le situazioni del mondo; quello che nel mondo è cercato, onorato, considerato prezioso viene privato di ogni valore; mentre quello che nel mondo è povero, disprezzato o rifiutato viene riscattato e messo in una posizione di eminenza. Forse non ci sarebbe da stupirsi troppo per questa proclamazione: già l’A.T. conosceva qualcosa di simile; si pensi al cantico di Anna ripreso poi dal Magnificat. La Bibbia sa bene che Dio è colui che fa vivere e fa morire, che rende povero e arricchisce. Il capovolgimento delle sorti mondane è piuttosto la manifestazione potente del regno di Dio che viene. La serie oppressiva dei guai vuole rendere gli ascoltatori del Vangelo consapevoli della vanità di ciò in cui mettono la propria fiducia. Alle beatitudini e ai guai di Luca fa eco il testo di Geremia (cfr. Ger 17,5-8). Egli condanna ogni forma di idolatria nella quale l’uomo diventa il dio dell’uomo e le realizzazioni umane diventano il rifugio in cui l’uomo cerca sicurezza. Dio solo è invece una roccia salda alla quale l’uomo possa aggrapparsi e dalla quale ricevere forza e vita.

Alcuni passi biblici utili alla meditazione
Mc 3,7-8; Sal 72,12-13; Mt 5,3-12; Gv 16,20; Sal 126,5; Tb 13,16; Sal 6,9-10; Sal 73,12.16-18; Is 55,13-14; Sap 5,7-9a; Gv 5,44; Gc 4,4; 1Gv 2,15.

Meditare
vv. 17. 20: “Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante”. Il versetto che introduce le beatitudini di Luca ci fa dono dell'azione di Gesù nella nostra vita, paragonata ad un “luogo pianeggiante” quasi ad indicare una certa staticità di vita e desiderio di cambiamento.
In questo scenario, risuonano alle nostre orecchie la prima beatitudine: “beati voi poveri”, dice Gesù alzando lo sguardo verso i discepoli. Questa prima beatitudine identifica la categoria sociale dei discepoli di Gesù. Loro sono poveri!
Nella sua accezione originaria la parola “poveri” (ptochoi) indica i mendicanti, coloro che fanno gesti di implorazione, si rannicchiano. Non c’è soltanto il fatto della povertà, ma anche quello di essere trascurati, poveri accanto a gente ricca, oppressi. Sono poveri reali che hanno fame e piangono. La loro beatitudine consiste nel fatto che Dio interviene in loro favore.
Ai discepoli – poveri - Gesù garantisce: "Vostro è il Regno dei cieli!". Attenzione viene utilizzato un verbo al presente. Ciò sta a significare che il Regno è già presente, che già ci appartiene. Quindi non una promessa che riguarda il futuro, ma un Regno che esiste già in mezzo ai poveri.
Secondo il vangelo la povertà diventa un vantaggio; e non perché la povertà di cui parla il vangelo sarebbe una virtù. Il vangelo di Luca non parla della virtù della povertà, di una povertà scelta, liberamente per amore di Dio o per servizio agli altri, ma parla della povertà come una condizione di privazione. Perché allora sono beati i poveri? Semplicemente perché Dio è il difensore dei poveri e dove si trova una condizione di miseria, di bisogno, Dio non rimane indifferente. Dove c’è un uomo che ha bisogno di vita, di gioia e di perdono, Dio non rimane indifferente, ma risponde. Quindi beati voi che sperimentate la debolezza, il bisogno, perché Dio – che viene a regnare – vi risponderà.
v. 21: “Beati voi, che ora avete fame, beati voi che ora piangete!”. Qui rievocando il profeta Ezechiele che parla delle persone che "sospirano e piangono per tutti gli abomini" compiuti nella città di Gerusalemme (Ez 9,4; cfr. Sal 119,136), la Parola ci descrive la nostra attuale situazione di sofferenza e promette un cambiamento radicale attraverso la pratica del messaggio di Gesù. La prima parte di queste frasi è al presente, la seconda al futuro. Ciò che ora viviamo e soffriamo non è definitivo. Ciò che è definitivo sarà il Regno che stiamo costruendo oggi con la forza dello Spirito di Gesù. Costruire il Regno suppone sofferenza e persecuzione, però una cosa è certa: il Regno giungerà e "voi sarete saziati e riderete!".
Nelle parole di questo versetto, viene rievocato il cantico di Maria: "Ha ricolmato di beni gli affamati" (Lc 1,53). è la ferialità della vita, che ci fa considerare la quotidianità come il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza.
La beatitudine ha il suo culmine nel vivere l'abbandono totale nelle mani del Padre, nel cercare la comunione con Dio come l' “ora” del vero e pieno compimento.
vv. 22-23: “Beati voi, quando gli uomini vi odieranno....!”. Ancora una beatitudine del discepolato, di colui che ha scelto di seguire Gesù, trovandosi coinvolto nel suo destino di persecuzione. Come discepoli siamo chiamati a seguire le orme dei profeti. Questi furono perseguitati perché erano la bocca di Dio. Siamo chiamati e paragonati a quella comunità dei poveri, a quel piccolo gregge (12,32) impotente, destinato all'opposizione e alla persecuzione. Inoltre, si è beati perché partecipando al mistero di persecuzione e di morte del Cristo sono associati più profondamente alla sua missione di salvezza. In questa circostanza non devono accontentarsi di avere pazienza o di attendere che passi al più presto il momento della prova, ma devono vivere intensamente in sé quanto dice il Maestro: “Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché grande è la vostra ricompensa, perché così sono stati trattati i profeti!" .
v. 24: “Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione”. Dinanzi a Gesù, in quella pianura, c'è solo gente povera e malata, venuta da tutti i lati (Lc 6,17-19); cosa succede qui? Perché questi guai se prima si è parlato di felicità? Il messaggio delle beatitudini lucane sembra essere anzitutto un severo giudizio sul mondo ricco (aspetto rafforzato dall’aggiunta delle quattro maledizioni). Il "guai a voi" non è un grido di vendetta o di minaccia, ma un estremo grido di compianto, di compassione e di lamento che Gesù rivolge ai ricchi perché mettono le cose al posto di Dio e non hanno ancora sperimentato la gioia di colui che vende tutto per acquistare il tesoro che è Cristo (cfr. Mt 13,44).
Gesù ha raccomandato di non maledire e non ha maledetto. Ha maledetto solo un fico, in un'azione simbolica riguardante la terribile futura maledizione eterna. Maledirà come Giudice quando dirà: "Via da me maledetti, operatori di iniquità". Ora, nell'anno della misericordia (Is 61,2; Lc 4,19), si può dire, circa chi ha raggiunto il peccato contro lo Spirito Santo (Mt 12,31), cioè che si è chiuso ad ogni appello alla verità e all'amore, che Cristo, glorioso alla destra del Padre, lo maledice, nel senso che lascia che il Padre consegni il peccatore, morto alla conversione e al pentimento, al proprio dissennato consiglio; ma non esaurisce, Cristo, la volontà di continuare ad agire per la sua conversione.
v. 25: "Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame! Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete!". Queste due minacce indicano che per Gesù la povertà non è una fatalità, né tanto meno il frutto di pregiudizi, bensì il frutto di un arricchimento ingiusto da parte degli altri. Anche qui ricordiamo le parole del cantico di Maria: "Ha rimandato i ricchi a mani vuote!". Parole che ricordano che la ostentata nostra ricchezza e il nostro benessere è uno schiaffo alla solidarietà vera che anima il discepolo di Gesù, soprattutto nei confronti di quei paesi oppressi dalla miseria e dalla malattia. Ma non è questo il punto.
Quante volte la nostra vita è accecata dal benessere, soprattutto indotta dal sistema mass-mediatico e consumistico, ottusa dalle ideologie nichiliste e del culto di sé e continua a mendicare un cibo che non sazia e una "pagnotta" che non nutre?
Coloro che hanno fame del "pane di Vita" sono beati perché riconoscono di avere come centro e come bisogno sostanziale Dio e la vita eterna, per sé e per i proprio fratelli.
v. 26: "Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi, allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti!". Ritorna ancora qualcosa per noi che ci dichiariamo cristiani, discepoli, purtroppo è un “guai”. Gesù, sempre rivolto ai discepoli, fa notare come tra coloro che si professano suoi seguaci ci sia qualcuno che crede di poter mettersi alla sua sequela “a buon mercato”, chiudendo un occhio su alcune cose. È il caso di chi pensa che la salvezza sia un premio da ottenere l’osservanza scrupolosa di precetti, una meritata ricompensa ai propri sforzi e non un dono del Signore; di chi pensa che il Vangelo in fondo non possa trasformare le sue logiche del mondo, e che al massimo ci può consolare preservandoci (come sotto una campana di vetro) da esse ; di chi pensa che ciascuno deve saper stare in piedi con le proprie gambe, che chi si ferma è perduto ed in fondo questo giova a chi ha un buon passo; di chi condivide le gioie e non i dolori della propria fede con Cristo.
Se è chiaro, infine, cosa significa essere cristiano, e cioè aver incontrato e accolto nel cuore Cristo, che ha parole di vita e di verità, dovrebbe risultare altrettanto chiaro che essere "non cristiano" non significa non essere nulla o semplicemente essere se stessi. Essere "non cristiano" significa esporsi pericolosamente al rischio dell'idolatria. La scelta, dunque, non è tra essere cristiani o non cristiani, ma più precisamente tra essere cristiani ed essere idolatri.

- Per la riflessione personale e il confronto:
Ascoltiamoci e interroghiamo il nostro cuore. A che punto siamo nella vita? Dove ci troviamo? Ci siamo accorti di Gesù che prega e si ascolta, o, distratti, abbiamo rivolto il nostro sguardo altrove, guardando il panorama tra illusioni di grandezza e desideri di onnipotenza? Oppure abbiamo imparato da Gesù a pregare prima di operare scelte importanti, per ottenere dal Padre luce e discernimento perché l'ascolto della sua parola illumini con sapienza i nostri pensieri? Siamo forse in pianura? Tra quelli accorsi da Gesù, bisognosi di speranza, di uno cui dare fiducia? Magari avessimo Gesù visibilmente presente! Cercheremmo di toccarlo per ricevere forza, supplicando considerazione, che si accorga della nostra indigenza?
Gesù parla anche di maledizione, di infelicità per quanti hanno riposto le proprie speranze solo in se stessi, nelle proprie sicurezze, facendosi forti delle proprie ricchezze, infelici perché senza speranza e attesa di salvezza, infelici perché soli, incapaci di condividere il loro benessere, senza nessuno che li ami veramente per quello che sono.
Ascoltiamoci per capire da che parte stiamo e con chi stiamo e se siamo uomini o donne delle beatitudini.

Il Vangelo nel pensiero dei Padri della Chiesa
Luca con le sue quattro beatitudini tratta delle virtù cardinali. Beati i poveri infatti, perché si sottraggono alle lusinghe del mondo con la temperanza. Beati gli affamati, perché ammoniti dalla propria fame sul dovere di compatire chi ha fame, sono anch’essi compatiti e soccorsi per opera della giustizia. Infatti l’elemosina, con cui non doniamo a Cristo i nostri beni, ma gli restituiamo i suoi, è a ragione definita giustizia dal salmista che dice: Egli dona largamente ai poveri, la sua giustizia rimane per sempre (Sl 112.9). In effetti la giustizia è ciò per cui riconosciamo a ciascuno il suo, anche se non dobbiamo niente a nessuno, tranne il vicendevole amore. Beati quanti sanno compiangere ciò che è effimero e anelare ai beni eterni, discernendo fra il bene e il male mediante la prudenza. Beati quelli che riescono a sopportare qualsiasi avversità con la fortezza data loro dalla fede (Beda, Comm. a Luca 2.23).

Il cristiano non deve temere e stare in ansia in mezzo alle difficoltà, lasciandosi distrarre dalla fiducia in Dio: deve anzi confidare, sentendo il Signore presente; sentendo che egli governa tutto ciò che lo riguarda e gli dà forza contro tutti, e che lo Spirito Santo gli insegna anche ciò che deve rispondere agli avversari (Basilio di Cesarea, Regole Morali 63).

La ricchezza, a mio avviso, è simile a un serpente; se uno non sa prenderlo a distanza, senza farsi del male, senza pericolo, sospendendo la bestia per l’estremità della coda, questa si avvicinerà alla mano e la morderà… Non chi ha e chi conserva, ma chi dà agli altri è ricco; condividere con gli altri, non possedere fa felice l’uomo… Ricchezza vera è la giustizia (Clemente Alessandrino, Pedagogo, 7,35-36).

Pregare
Raccogliamoci in silenzio ripercorrendo il nostro itinerario spirituale e rispondiamo al Signore con le sue stesse parole (dal Sal 34 [33]):

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce.
L'angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono e li salva.
Gustate e vedete quanto è buono il Signore;
beato l'uomo che in lui si rifugia.
Temete il Signore, suoi santi,
nulla manca a coloro che lo temono.

I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla.
Venite, figli, ascoltatemi;
v'insegnerò il timore del Signore.
C'è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?
Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
Sta lontano dal male e fà il bene,
cerca la pace e perseguirla.

Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.

Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.
La malizia uccide l'empio
e chi odia il giusto sarà punito.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.

Contemplare-agire
Oggi, ascoltando questa pagina delle beatitudini mi sento chiamato ancora una volta ad essere discepolo riconoscendo la mia povertà, riconoscendo che al di fuori del Cristo non sono nulla, e che senza Cristo tutto ciò che ho e che sono non conta niente.